Discriminatorio il licenziamento del disabile per superamento del comporto

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Il Tribunale di Vicenza dichiara nullo, in quanto discriminatorio, il licenziamento conseguente al superamento dell’ordinario periodo di comporto provocato da malattia professionale.

 

Il caso segna un significativo passo aventi nella tutela dei lavoratori licenziati per motivi di salute nel solco della più innovativa normativa e giurisprudenza europea.

Con l’Ordinanza n. 4418 del 29/12/2023, resa allo Studio nella fase sommaria di un “rito Fornero”, il Tribunale di Vicenza ha dichiarato “nullo” il licenziamento e disposto la reintegra del lavoratore applicando la c.d. “tutela reale piena” (ex art. 18 – c. 1).

Il caso riguardava un lavoratore affetto da malattia professionale (discopatia lombare) che, a seguito dei postumi invalidanti da essa derivanti, era stato licenziato per aver superato l’ordinario periodo di comporto di malattia previsto dal CCNL.

La Giurisprudenza aveva già da tempo stabilito che, nel caso in cui il datore di lavoro fosse responsabile della natura professionale della malattia, il relativo periodo di assenza dal lavoro non deve essere computato nel comporto e l’eventuale licenziamento così disposto si configura come violazione di legge ex art. 2110 c.c.: la tutela applicabile in tali casi era quella dell’art. 18 – c. 7 che prevede la “tutela reale attenuata” con la reintegra e la corresponsione di un risarcimento fino a dodici mensilità.

La più innovativa normativa Europea e la Giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, da tempo aveva ampliato la nozione di handicap ricomprendendo e assimilando ad essa anche la “malattia di lunga durata” con la conseguenza che l’eventuale licenziamento così motivato integrava una discriminazione indiretta.

Alcuni Tribunali italiani (Milano, Reggio Emilia, Verona, Livorno) si erano spinti avanti nell’applicare tali principi anche al superamento del periodo di comporto. La svolta però è arrivata con la sentenza della Corte di Cassazione n. 9095 del 2023 in cui ha affermato che costituisce discriminazione indiretta in ragione della disabilità la fissazione di un unico termine di comporto, identico sia per disabili che per non disabili”.

Da tempo nelle aule di Tribunale, il ns. Studio si batteva sostenendo che la disapplicazione del periodo di comporto costituiva un “accomodamento ragionevole” in mancanza del quale il licenziamento per ragioni di salute avrebbe dovuto, prima di tutto, essere ritenuto discriminatorio.

Nell’Ordinanza citata il Tribunale di Vicenza afferma: “l’impotenza funzionale del rachide deve senza dubbio qualificarsi come una limitazione durevole (…) il ricorrente si trovava pertanto in una condizione di handicap”. Accertato altresì che il CCNL “non prevede alcun trattamento differenziato per le ipotesi di malattia dovuta a una condizione handicap, la previsione deve pertanto qualificarsi come discriminatoria trattando in maniera uguale situazioni differenti.

Il principio acquista valenza generale poiché, in presenza di malattie di lunga durata, il rischio per il lavoratore di accumulare giorni di assenza è maggiore di quello riferibile ai restanti colleghi di lavoro normodotati; il che impone di considerare una disciplina del comporto diversa e con un maggior numero di giorni tutelati.

Ciò apre inevitabilmente la prospettiva di una tutela rafforzata a favore di questi lavoratori che si giustifica maggiormente nei casi in cui la malattia è stata causata dalle condizioni di lavoro svolte.

Infine, va da sé che nella nozione di “malattia di lunga durata” devono essere ricomprese tutte quelle situazioni invalidanti (anche extra-lavorative) che sono idonee a determinare un impedimento durevole allo svolgimento dell’attività lavorativa.

Ragion per cui, in caso di licenziamento per superamento del comporto, è sempre necessaria una attenta valutazione del caso concreto e dell’eventuale illegittimità del medesimo.

Avvocati del Lavoro Vicenza