Illegittimo il licenziamento se è conseguenza della violazione dei principi di correttezza e buona fede contrattuale da parte del datore di lavoro

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La vicenda trae origine da un licenziamento comminato per assenza ingiustificata.

Il lavoratore in questione soffriva di una grave patologia neurologica che lo costringeva a numerose assenze dal lavoro. Preoccupato, di venire licenziato per superamento del comporto come previsto dalla normativa vigente, chiede un incontro con il responsabile delle risorse umane al fine di trovare una soluzione temporanea che gli consenta di evitare la perdita del posto di lavoro. L’incontro viene fissato, rinviato più volte e, infine, annullato.

Nel frattempo, il lavoratore ha una manifestazione acuta della patologia che lo costringe a rimanere nuovamente in malattia, ragion per cui, essendo in attesa del prospettato incontro, pur avvisando l’azienda dello stato di malattia, non presenta il certificato medico in quanto avrebbe determinato il superamento del comporto; l’azienda contesta l’assenza ingiustificata cui segue il licenziamento del lavoratore.

ll Giudice del Lavoro del Tribunale di Vicenza, nella sentenza n. 1374 del 24/03/2022, ha stabilito che è contraria a correttezza e buona fede “la condotta aziendale che ingenera nel lavoratore l’affidamento di una possibile soluzione della questione, per poi non darne seguito sino alla contestazione disciplinare, quando evidentemente il lavoratore, ove non già in possesso del certificato medico, non avrebbe più potuto procurarselo”.

A ciò si aggiunge il fatto che, “sia stata contestata l’assenza, senza sollecitare tempestivamente l’invio del certificato, nonostante il responsabile delle risorse umane fosse a conoscenza delle problematiche del lavoratore, rendono la sanzione irrogata eccessiva”, con l’ulteriore conseguenza che “la sproporzione del licenziamento rispetto alla gravità della condotta contestata comporta l’illegittimità del licenziamento”.

La rilevanza del principio di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro è stata più volte ribadita anche dalla Corte di Cassazione (v. ad es. la sentenza n. 9339/2018, che ha dichiarato illegittimo il comportamento del datore di lavoro che, consapevole delle difficoltà del lavoratore, ha addebitato al lavoratore una condotta intenzionale di assenza ingiustificata a fronte di una richiesta di ferie non autorizzata).

Un ulteriore carattere di novità della pronuncia del Tribunale di Vicenza riguarda l’ammontare dell’indennità liquidata (18 mensilità) in favore del dipendente ingiustamente licenziato: infatti, pur applicando i criteri di cui all’art. 8 L. 604/66, in esito a quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 194/2018, il Tribunale ha considerato, oltre alle dimensioni della società e all’anzianità di servizio del lavoratore, anche “il comportamento aziendale, in particolare per quanto concerne l’atteggiamento tenuto verso il dipendente non conforme ai principi di buona fede e correttezza”.

Si tratta di una conclusione che risulta rispettosa dell’art. 24 – c. 1 lett. b della Carta Sociale Europea, che riconosce “il diritto dei lavoratori licenziati senza un valido motivo, ad un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione”.

Avv. Adriano Caretta